Critica della ragion fotografica


On air: I cani, Hipsteria



La mia amica Laura studia Fotografia all'Accademia. Ora, va bene che io sono di parte, ma dovete credermi se vi dico che Laura è una fotografa coi controcoglioni. Anzi, con le controovaie - non capisco perché si debba usare un attributo maschile per denotare la determinazione femminile, soprattutto considerando il fatto che viviamo in una società dove sono sempre più le donne a dimostrare la grinta. Ho deciso, da oggi parlerò di controovaie anche quando si tratta di uomini.

Dicevo, prima di quest inutile parentesi non richiesta sulle pari opportunità, che la mia amica Laura è davvero brava. Nel senso che non ha bisogno di una macchina con risoluzione galattica per fare belle foto. Poi è chiaro che ce l'ha, con tutti i relativi strumentini tattici, però vi assicuro che anche con la fotocamera più misera ti fa degli scatti che hanno un senso. È una di quelle fotografe che pensa prima di scattare. Ragiona sulla luce, sull'inquadratura, e sicuramente su un milione di altri parametri di cui io potrei tranquillamente ignorare l'esistenza.

Ma c'è qualcosa che mina alla diffusione di questo modo di agire. Instagram.

Instagram in effetti scoraggia il pensiero che dovrebbe precedere lo scatto. È un social network che permette di modificare le foto mediante effettini già pronti. Nessuno si preoccupa del soggetto, o dell'inquadratura. Le foto vengono quasi per forza bene, col risultato che tutti si sentono fotografi. La realtà è che persino io che vomito sangue nel cesso di un autogrill verrei bene in una foto quadratina con la cornicina bianca e l'effettino vintage. E quindi tutti fotografano tutto. E tutti si sentono immensamente fighi. 

Ieri ho detto basta. 

Ho scaricato Instagram. Anche io voglio credere di avere una vita interessante. Voglio guardarmi filtrato dall'effetto vintage e pensare di essere incredibilmente figo. Voglio fotografare le forbicine con cui mi taglio le unghie, e fotografare anche le unghie tagliate, e farle vedere a tutti per dimostrare quanto siano poetiche le mie unghie in bianco e nero.

Sì, da ieri sono un instagramers o come cavolo si dice e avete quasi finito di leggere il mio post molto paraculo. Sì, lo ammetto: sotto questa epidermide di fintoradicalchic/nerdfallito/emulatoredihipster si nasconde uno come tutti voi. Uno che usa Instagram. E che adesso ha una voglia tremenda di chiamare Laura per farsi fotografare mentre vomita sangue nel cesso di un autogrill!

 

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